Faresin Industries, tsunami tecnologico in arrivo

Parla Massimo Zubelli, il direttore vendite di Faresin Industries: «In pochi anni avremo motori elettrici, ibridi e all’idrogeno. Il settore cambierà profondamente e la rete vendita deve prepararsi per non restare travolta»

Dopo importanti esperienze manageriali presso grandi marchi della meccanizzazione agricola, tra i quali Landini e Same, Massimo Zubelli da poco più di un anno è il direttore vendite di Faresin Industries. Con l’obiettivo di sviluppare la rete di vendita italiana e di conquistare una posizione dominante nel settore dei sollevatori telescopici, mantenendo il trend di crescita del marchio, rimasto positivo anche nel 2020, annus horrìbilis per l’economia globale, grazie soprattutto al know-how tecnologico e industriale del gruppo.

Il fatto che vogliate sviluppare la rete lascia intendere che vi siano spazi da colmare. Conferma? «Siamo piuttosto in cerca di eccellenza. Vogliamo raggiungere la stessa copertura di alta qualità che abbiamo nella Pianura Padana e nel Nord in generale per i nostri carri miscelatori».

Dunque in sostanza siete presenti dove vanno forte i vostri carri. «E non solo. Stiamo conquistando posizioni di rilievo per i sollevatori anche nel centro e sud Italia. L’obiettivo, però, rimane quello di completare la copertura di qualità a livello nazionale».

Ampliare la rete è il primo passo per vendere di più. Conferma che programmate di raddoppiare le quote di mercato? «Non è un’ambizione, è una realtà. Il lancio nel mercato della Next generation dei sollevatori telescopici Faresin (a Eima 2021, ndr) ha fatto impennare l’interesse. Con questa nuova gamma siamo pronti a conquistare importanti opportunità nel settore».

Al momento tuttavia non siete tra i primi, nel campo. «L’85% della produzione di Faresin Industries è destinato all’esportazione dove, a livello internazionale, siamo ormai tra i big player. Di conseguenza abbiamo la forza e soprattutto la gamma per acquistare una posizione predominante anche nel nostro Paese. A Eima abbiamo presentato il modello FS 7.32 Compact, il primo nato della nuova gamma FS. Un vero e proprio cambio di paradigma, frutto di 20 anni di esperienza, progettato da zero per rispondere all’evoluzione della domanda e alla crescente sensibilità ambientale. FS 7.32 è solo il primo di questa nuova specie, altri modelli seguiranno a breve». Dunque una vera nuova generazione. «Sì. È una risposta “sistemica” che incide su tutte le principali funzionalità della macchina e mette al centro l’operatore, il collegamento tra il mezzo, la sua gestione e il controllo funzionale e assistenziale. Come detto, con questa generazione siamo pronti a crescere ulteriormente. Da qui la necessità di reperire nuovi partner».

Strategie per trovarli? «Concentrarci sui territori in cui siamo meno presenti e individuare i concessionari che non trattano telescopici o che, facendo poche macchine l’anno, non hanno un rapporto diretto con il costruttore di turno. In quest’ambito il nostro pacchetto commerciale è particolarmente attraente per chi si avvicina a questo mercato, con strumenti innovativi per la gestione dell’ordine e la semplificazione del processo di vendita, completati da un set di servizi post-vendita che permette ai clienti un uso intensivo della macchina senza stress o preoccupazioni».

Avrete comunque dei canoni per la scelta dei partner. «Cerchiamo collaboratori che abbiano almeno una discreta capacità finanziaria, una buona officina e un magazzino ricambi, indipendentemente dalle dimensioni. Diversamente da altri costruttori, soprattutto per le aree scoperte, siamo a caccia di rivenditori che condividano la nostra stessa visione, l’intraprendenza e la passione per la qualità, unitamente alla capacità strutturale di fornire un servizio costante ai clienti».

Non vi fate problemi di dimensioni, quindi. «In un paese come l’Italia, con un’orografia così variegata e un territorio ricco di diversità a livello culturale ed economico, anche un concessionario che vende poche unità all’anno ma che copre con qualità aree per noi strategiche porta a Faresin un grande valore».

Perché tuttavia un piccolo concessionario dovrebbe impegnarsi con voi? «Oltre al pacchetto completo di cui ho parlato prima, scegliendo Faresin i piccoli concessionari hanno il vantaggio di un acquisto diretto alla fonte, con un sensibile risparmio economico. Inoltre potrebbero sviluppare una relazione diretta con il produttore, senza quegli intermediari che sono talvolta imposti da altri marchi».

Faresin realizza carri miscelatori e telescopici. Sui telescopici ha avviato un profondo rinnovamento nella gamma che si affianca alla scelta di puntare sull’alimentazione elettrica
Faresin 6.26 Full Electric

Sinergie aziendali

Parliamo della gamma. La vostra comprende anche un modello elettrico. «Si tratta del primo sollevatore elettrico al mondo, presentato a Eima già nel 2018. Un 6 metri che ci sta dando grandi soddisfazioni all’estero, dove alcune norme impongono un limite massimo alla rumorosità dei cantieri. Un vincolo che a breve si affermerà anche in Italia. Il nostro 6.26 elettrico, che presto sarà affiancato da altri modelli, in questi ambiti è l’ideale. In agricoltura sta trovando sempre più spazio nelle stalle, nelle coltivazioni biologiche oppure in certe cantine o negli impianti per la conservazione dell’ortofrutta, per esempio».

Gestire una macchina elettrica non sarà un gioco da ragazzi per un concessionario. «Si tratta di una falsa percezione. Il contenuto tecnologico è molto elevato, ma è frutto di un progresso inarrestabile, in cui il prodotto viene addirittura semplificato. In ogni caso la macchina ha di serie telemetria e tele-diagnostica».

A proposito di questo: che accade con gli altri modelli? «Offriamo la piattaforma Farmatics per la raccolta e lo scambio dei dati. Adottata sull’ottanta per cento delle macchine che esportiamo. Permette sia l’assistenza a distanza, sia lo scambio dei dati tra mezzi della stessa azienda. A questo riguardo, vorrei far notare le significative possibilità di sinergia tra i telescopici e i carri miscelatori Faresin. La nostra gamma di telescopici è sviluppata integrando totalmente il carro miscelatore. Per esempio, la pesa del carro può trasmettere indicazioni al conducente del telescopico».

Ancora tecnologia, insomma. E il concessionario chiamato a gestirla deve forzatamente evolversi. «L’evoluzione è già in atto da tempo. Sono sempre di più i rivenditori che pensano di inserire figure con competenze in elettronica nella propria squadra. Dieci anni fa si parlava di meccatronica al massimo nei convegni tra iniziati, oggi è una parola che qualsiasi dealer conosce e usa».

E chi non riesce a fare il salto di qualità? «Temo finirà fuori mercato. Nei prossimi anni non vedo grandi spazi per venditori di macchine vecchio stampo, che a malapena hanno una sedia per accogliere il cliente. Certamente non si rivolgono a essi i nuovi agricoltori, che capiscono di tecnologie satellitari e 4.0. Riusciranno a tenersi, forse, i piccoli produttori, che a loro volta non se la sentono di passare a una gestione digitale dell’azienda. A maggior ragione con la valanga di tecnologia che sta per pioverci addosso».

Se si riferisce ad Agricoltura 4.0, la pioggia c’è già stata. «No, penso al Pnrr. Chi lo ha letto sa bene cosa si sta preparando. Macchine elettriche, ibride, con motori a metano: nei prossimi anni assisteremo a un salto tecnologico enorme, anche nel nostro settore».

Oppure all’acquisto di macchine di cui poi non si sa che farsene. «Certamente c’è chi ha comprato mezzi connessi soltanto per gli sgravi fiscali, ma ci sono anche molti che, una volta che hanno il trattore 4.0, imparano a usarlo».

Pensa che i rivenditori siano pronti per tutto ciò? «Penso che l’elettronica sia ancora ostica per tutti. Ma credo anche che chi non vuol essere tagliato fuori dal mercato dovrà aggiornarsi: tele-diagnosi e gestione dell’elettronica fanno parte del quotidiano, ormai. La digitalizzazione per aver successo deve innanzitutto semplificare i processi. Proprio In questa direzione stiamo introducendo Easy Sell, un sistema di showroom automation che riduce tempi e distanze, perché permette al venditore, ovunque si trovi, di configurare la macchina secondo i desiderata del cliente».

In un prossimo futuro, sostiene il direttore vendite Massimo Zubelli, il settore sarà sottoposto a una rivoluzione digitale che soltanto i concessionari più aggiornati riusciranno a interpretare
Dalle linee produttive di Breganze (Vi) escono mezzi ad alta tecnologia, che richiedono personale specializzato per gli interventi

Convivenza con i big

Per assumere tecnici elettronici e magari qualcuno che faccia gestione dei dati servono soldi. Idem per partecipare ai corsi necessari per fare riparazioni sulle macchine moderne. Questi capitali arrivano soltanto facendo grandi numeri e i grandi numeri si fanno con marchi molto noti. «Infatti, se guardiamo al nostro paese, vediamo che tutti i concessionari che si sono legati a un grande costruttore sono cresciuti in dimensione e forza commerciale».

I big del settore, però, cominciano a chiedere l’esclusività ai propri rivenditori. Avete mai avuto problemi di questo tipo? «Non mi risulta. Come detto, parliamo di un segmento di nicchia, che la maggior parte dei trattoristi ha a listino per completare la gamma.

Non c’è tutta questa pressione sulla vendita dei telescopici, per cui penso che se un cliente chiede Faresin, il concessionario glielo può dare senza andare incontro a ripercussioni».

Resta il problema dei piccoli rivenditori, che non hanno la forza per far fronte agli investimenti richiesti dalla moderna meccanica agricola. Potrebbero forse accorparsi? «Può essere. Oppure potrebbero fare come nel settore automobilistico: trasformarsi in officine che fanno riparazioni multimarca e vendono qualche macchina facendo da segnalatori di un grosso concessionario. Vi sono casi, anche in Italia, di officine che non fanno vendita ma hanno comunque eccellenti fatturati. E in Francia ricordo un’officina che per anni ha fatto soltanto riparazioni e ora si è messa a gestire il noleggio, con un buon successo. Le occasioni sono molte: basta saperle cogliere».


Cv Massimo Zubelli

Originario di Gualtieri di Reggio Emilia (il paese di Antonio Ligabue) e residente a Treviglio di Bergamo, Massimo Zubelli è laureato in Fisica con una specializzazione in Elettronica e Informatica all’Università di Parma.

Iniziò la sua carriera professionale nel 1994, in Landini-Massey Ferguson (oggi Argo Tractors). Nel 2002 fece un rapido passaggio nel mondo dell’Engineering per il settore Auto e Corse, impiegato presso la Digetk, per poi passare nel 2004 in Same Deutz Fahr, dove ricoprì cariche nei settori Marketing, Commerciale e nello sviluppo prodotto strategico globale.

Nel 2013 passò in Arbos Engineering, per poi diventare, dal 2015 alla fine del 2020, amministratore delegato di Matermacc, nota azienda che fabbrica seminatrici e irroratrici.

Dal gennaio 2021 fa parte di Faresin Industries con l’incarico di Direttore Vendite.


Know How e sistema industriale

Faresin Industries si sta affermando a livello globale come un produttore di carri miscelatori e sollevatori telescopici che offre qualità costruttiva e tecnologie mirate alla redditività del business dei clienti.I sollevatori hanno giocato un ruolo importante in questa affermazione, soprattutto in mercati difficili come gli Stati Uniti e l’America Latina. L’azienda veneta – guidata dal presidente Sante Faresin, con le figlie Giulia e Silvia – impiega esclusivamente tecnologie progettate, sperimentate e realizzate internamente.

Faresin Industries, tsunami tecnologico in arrivo - Ultima modifica: 2022-01-26T16:16:27+01:00 da Roberta Ponci

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