Vapore, soltanto vapore. La passione di Davide Lorenzone

Davide Lorenzone tra le sue locomobili a vapore
Unica nel suo genere. La collezione di modelli a vapore di Davide Lorenzone, nel Torinese, è praticamente la sola per ora presente sul territorio italiano

È rimasto praticamente l’unico collezionista di macchine d’epoca a vapore sul territorio nazionale, dopo la scomparsa di Franco Risi (che ospitammo su questa rivista nel lontano 2008) e non è la prima volta che viene citato sulla nostra rivista, dal momento che nel n.1/2009 comparve assieme al suo amico collezionista Sergio Ambrogio.

Davide Lorenzone, ingegnere di Pancalieri (To), ha fin da bambino dimostrato una grande passione per il vapore, nata con le locomotive a vapore, passando poi per i modellini a vapore, fino a spostarsi sulle macchine vere e proprie e nel settore agricolo. «La scoperta di questa passione è stata casuale – racconta Davide – perché la mia famiglia non aveva niente a che fare con l’agricoltura. Ma io, vedendo queste macchine, che erano comunque usate anche in campagna e avevano motori bellissimi, non ho saputo resistere. La prima macchina me la regalò mio padre, una Clayton (poi venduta) sulla quale ho fatto molta esperienza. La collezione è iniziata effettivamente nel 1999 e, come si sa, una macchina tira l’altra, così sono arrivato a metterne insieme una quindicina».

Locomobile Romei appartenuta a Franco Risi e perfettamente restaurata

Oggi Davide è il conservatore del Museo dell’Automobile di Torino, ma continua a coltivare la sua passione per le macchine a vapore. Inizialmente acquistava quello che trovava, senza un criterio particolare, poi ha deciso di dare un senso alla collezione. «Visto che siamo in Italia – ci spiega – dove esisteva una florida industria di macchine a vapore tra fine Ottocento e inizio Novecento, anche se oggi pochi la conoscono, ho pensato di concentrarmi sui modelli importati o costruiti in Italia, così ho iniziato a cedere i meno importanti e a cercare quelli che avessero attinenza con il suolo italiano. Così facendo, ho messo insieme, al momento, una decina di esemplari a vapore, compresa una Keck Gonnerman del 1934, in comproprietà con Sergio Ambrogio. A questi vanno poi aggiunti tre trattori Case a petrolio».

Italo-Svizzera N. 2 a due ruote

Il mercato delle macchine costruite nel nostro paese era tipicamente italiano, salvo rari casi, e l’unico censimento di quante macchine a vapore sono sopravvissute oggigiorno lo ha fatto proprio Lorenzone. In base a esso risultano esistenti più di 400 unità, un numero decisamente di tutto rispetto e non considerando motori industriali e vetture a vapore.

Locomobili italiane…

Ma vediamo quali sono questi splendidi, nonché rari, esemplari, recuperati da varie parti del mondo. Partendo proprio dal gruppo delle italiane e da una Giovanni Romei di Siena “N. 2”, del 1912, a oggi l’unico modello superstite (n. 83 di matricola), in grado di sviluppare, a 7 atmosfere di pressione, una potenza di 5 cavalli vapore a 240 giri. «Queste locomobili così “piccole” – spiega Lorenzone – venivano consegnate fisse, su due ruote, come quella della mia collezione, oppure su quattro ruote per facilitarne lo spostamento, e nascevano per piccoli poderi o zone collinari, ma venivano utilizzate anche in officine meccaniche, frantoi e mulini».

La Breda è un buon conservato riverniciato con i colori originali

Lorenzone è una sorta di enciclopedia vivente di queste macchine, per cui ci racconta come il senatore Romei per la sua locomobile avesse preso spunto dall’ingegner Edoardo De Morsier, che aveva ideato e costruito queste macchine a partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento e poi si specializzò in locomobili “N. 2” e “N. 3” rispettivamente a 2 o 4 ruote da montagna, come quella a due ruote che troviamo in collezione e che fu costruita dalla Società Italo-Svizzera di Costruzioni Meccaniche.  «Il nome Italo-Svizzera – aggiunge Lorenzone – nasce dal fatto che, alla morte di De Morsier, suo figlio nel 1893 si associa con una azienda Svizzera, la “Societè Vaundoise d’Exploitations Agricoles” di Losanna, cambiando così la ragione sociale dell’azienda. Il modello prodotto risale al 1904 e sviluppa una potenza di 5 cavalli vapore».

De Morsier N. 4 “Ministero della Guerra”

Terza locomobile italiana presente in collezione è una Breda di Milano del 1904, da 4 cv di potenza. «Breda a fine 800 già produceva trebbie e macchine per l’agricoltura – ricorda Lorenzone – e contatta l’ingegner Almici, importatore di macchine agricole dal 1876 (tra cui anche il marchio inglese Brown & May), invitandolo a entrare in società per importare e costruire macchine. Non è un caso, infatti, che le prime Breda siano uguali alla Brown & May».

A chiudere la serie di locomobili italiane troviamo una De Morsier del 1885, modello “n. 4”, che sviluppa una potenza di 6 cavalli vapore, ma soprattutto è particolare perché è una delle venti matricole (la n. 212) che rientravano in una commessa governativa speciale con il nome di “Ministero della Guerra”.

… e straniere

Passando ai modelli stranieri, i primi che incontriamo sono una Marshall del 1893 modello J, importata da Riva Monneret dall’Inghilterra, da 2,5 cv di potenza, e una Clayton & Shuttleworth del 1899, inglese, tipica locomobile coloniale a forno lungo, restaurata in maniera consona con il periodo storico da Franco Risi (da cui l’ha presa Lorenzone).

Marshall del 1893 modello J, usata in un’officina meccanica a Varese, con mantello da ripristinare

Il settimo modello che segnaliamo è una Brown & May con motore a corsa lunga, presa perché «è la mamma delle Breda» sottolinea Lorenzone, importata originariamente nel 1881 da Almici, 10 cv di potenza, con ancora gli assali in legno. La particolarità da evidenziare è che Almici è uno dei pochi agenti italiani importatori dall’Inghilterra che ha ricevuto la concessione reale di avere il proprio nome sulla targa all’uscita della fabbrica di Brown & May, probabilmente come forma di riconoscimento per le macchine importate.

Clayton & Shuttleworth recuperata in Uruguay e appartenuta a Franco Risi

Arriviamo quindi a una macchina americana, ritrovata in Carolina del Sud, una John A. Willis, modello “The Tozer Engine” da 12 cavalli di potenza, una delle pochissime case americane che ha mantenuto il design europeo. «Il 90% delle macchine americane  – spiega Lorenzone – aveva il motore imbullonato sulla caldaia e il duomo, dove viene raccolto il vapore secco da inviare nel motore. Tozer, invece, usa il sistema europeo, con il duomo che avvolge il motore per mantenerlo caldo e massimizzarne il rendimento». Di questo modello Lorenzone ha restaurato caldaia e motore con le colorazioni originali del 1890.

Brown & May a corsa lunga, con caldaia da restaurare

Infine, un trattore convertibile della Aveling & Porter modello XAC del 1907, dal Kent (Inghilterra), da 23 cavalli vapore, trasformato in rullo compressore nel 1910. «L’importatore italiano era la Ditta degli Ingegneri Gola & Conelli di Milano, che dalla fine dell’Ottocento importava macchinari industriali, movimento terra e sistemazione strade e dagli anni Dieci fino agli anni Quaranta del Novecento diede grande sviluppo alla realizzazione della rete stradale italiana insieme all’Ingegner Piero Puricelli».

Prima dei trattori, concludiamo con una vera e propria chicca del 1879, ritrovata a Bibbiena (Ar), una carrozza a vapore costruita a Pistoia dalla Enrico Trinci e Figlio, dove al posto del cavallo troviamo caldaia e motore imbullonati sul telaio in legno.

The Tozer Engine recuperata da Lorenzone. Era rimasta al chiuso in una segheria (i chiodi delle ruote non mostrano infatti segni di usura)
Trattore Aveling & Porter convertito in rullo compressore

 

Trattori Case

«Quando ho conosciuto Ambrogio nel 2001 mi si è aperto un mondo che non conoscevo, – racconta Lorenzone – quello dei trattori d’epoca. Non sapevo nulla di macchine agricole, ma fin da subito capii che i testa calda non mi piacevano, mentre mi attiravano i trattori a petrolio e in particolare i Case».

Il Case R è stato usato solo per pompare acqua (infatti le ruote sono in ottimo stato)

E infatti in casa Lorenzone troviamo tre Case, a partire da un R del 1938, recuperato in Argentina, particolare perché ne furono costruiti solo 201 pezzi, che riprendeva in piccolo le fusioni dei modelli L e C e montava un motore della Waukesha Motor Co 4 cilindri da 12 cavalli.

Case 12-25hp con motore boxer

Il secondo Case è un modello 12-25hp del 1916, ritrovato in Arizona, con motore a due cilindri orizzontali boxer che sviluppa 12 cavalli alla barra del tiro e 25 alla puleggia. Ne furono importate in Italia 600 unità per la Motoaratura di Stato durante la Prima Guerra Mondiale, ma non se ne trovano più perché rottamate o vendute (anche a costruttori italiani come Bubba e Oreglia, che toglievano il motore a benzina per montare il testa calda).

Nel 10-18hp Case aveva già predisposto per i primi freddi una valvola termostatica che facilitava il raggiungimento della temperatura del motore bypassando il radiatore

Infine, il modello 10-18hp “Crossmotor” con motore 4 cilindri verticali disposti trasversalmente al telaio, che ancora non presenta il sistema di lubrificazione pressurizzato, bensì per sbattimento.

La carrozza Enrico Trinci di Pistoia su strada raggiungeva i 18 km/h

Lorenzone è socio Gamae dal 2003 ed è anche commissario tecnico Asi per le macchine e i trattori a vapore. «Il Gamae è un club con tanti soci e mi ha permesso di conoscere molte persone, quindi continuerò a farne parte. È importante fare cultura e vorrei tanto avere a disposizione degli spazi per creare un museo per queste macchine, ma non è facile. A livello di collezione, invece, nel mirino ho una Italo-Svizzera come quella che già possiedo, ma a 4 ruote». Vista la sua determinazione, non abbiamo dubbi che anche quel modello prima o poi entrerà a far parte della sua collezione.


Tutto ebbe inizio con i giocattoli d’epoca

La passione di Davide Lorenzone risale a quando era bambino, non potendo avere in casa una locomotiva a vapore, a quindici anni iniziò a cercare modellini a vapore e scoprì dei giocattoli d’epoca che facevano al caso suo e dei quali è riuscito a ritrovare alcuni rarissimi esemplari. «Li ho recuperati da mercatini vari soprattutto all’estero, sono tutti giocattoli degli anni 10 e 20, funzionanti con alcool, e riproducono i motori dell’epoca. Erano giochi intelligenti perché simulavano macchine vere e facevano crescere i bambini intellettivamente, insegnando loro concetti di meccanica e fisica, dal funzionamento di un mulino all’importanza della pressione».

Vapore, soltanto vapore. La passione di Davide Lorenzone - Ultima modifica: 2021-06-09T16:01:57+02:00 da Francesco Bartolozzi

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