Mai pensato di fare il meccanico?

Scuole/La scelta Officine, concessionari e contoterzisti cercano tremila meccatronici, meccanici e informatici. Purtroppo le scuole che li formano sono pochissime. Viaggio nel mondo dell’istruzione tecnica e professionale, dove la disoccupazione non esiste

 

 

In questi giorni si chiudono le pre-iscrizioni per le scuole secondarie e alle migliaia di ragazzini incerti su cosa fare nei prossimi cinque anni – e di conseguenza su che strada far prendere alla propria vita – vorremmo dare un consiglio: avete mai pensato di fare il meccanico? Anzi meglio dire il meccatronico, come ormai richiedono gli stessi addetti ai lavori.

Il meccanico, dicevamo, può essere un’alternativa per chi non sa quale corso di studi scegliere. Ecco un elenco di buoni motivi. Primo: è una professione affascinante, investita in pieno da un rinnovamento che la porterà fino all’automazione più spinta. Secondo: chi fabbrica o ripara trattori ormai non lavora più di martello e chiave inglese, ma di computer e prese multipolari, con minor sforzo fisico e maggiori competenze richieste. Terzo – e non certo ultimo – chi si diploma o laurea in queste materie trova un lavoro ancor prima di concludere gli studi. Spesso trasformando in contratto uno di quegli stage che sono ormai diventati la norma in tutti gli istituti superiori e ancor più in quelli a spiccato indirizzo professionale.

Parliamo insomma di istruzione e sbocchi nella meccanica agricola.

Più lavoro che lavoratori

Partiamo allora dalla curva di domanda e offerta. Ci appoggiamo a Gianni Di Nardo, segretario di Unacma, l’unione delle concessionarie di macchine agricole, che mette subito le cose in chiaro: «In Italia ci sono tremila posti di lavoro disponibili per tecnici nel settore della meccanica e dell’elettronica in agricoltura. È una stima probabilmente per difetto, fatta ascoltando i nostri associati e poi i rappresentanti dei costruttori di macchine agricole e i contoterzisti. Insomma, se non sono tremila posti, è perché sono di più». Concessionari e fabbricanti, specifica Di Nardo, sono pronti ad assorbire 600 meccanici e 800 meccatronici, cui se ne aggiungono altri 200 richiesti dalle imprese agromeccaniche. Ci sono poi le nuove attività: reti satellitari, uso di droni, gestione dei ricambi, supporto tecnico alle vendite. «Parliamo di posti di lavoro ben pagati, gratificanti e nei quali non ci si sporca quasi le mani: si usa il computer e si parla in inglese con i tecnici della casa madre, quando si ha a che fare con macchine di fabbricazione straniera». Senza contare – e questo lo aggiungiamo noi – che le nuove professioni in agricoltura sono in pieno sviluppo. A breve serviranno centinaia di figure specializzate nell’inserimento e gestione dei dati di lavorazione, nelle reti di comunicazione, nell’interfaccia uomo-macchina. In più ci sono i posti di lavoro legati alla robotica, ormai prossima al boom. «Con una nostra iniziativa, Mech@griJobs, cerchiamo di sensibilizzare i ragazzi delle scuole superiori in merito all’appetibilità del lavoro in questo campo. In dieci anni abbiamo incontrato oltre diecimila ragazzi, molti dei quali si sono poi effettivamente impiegati nel nostro settore».

Le carenze della scuola

Stabilito che i meccanici sono richiestissimi e anche ben pagati, cerchiamo di capire come diventarlo. Qui, purtroppo, tocca fare i conti con le oggettive difficoltà di un sistema scolastico che fatica a tenere il passo con l’evoluzione della tecnologia e le richieste che giungono dal mondo del lavoro. La scuola oggi è organizzata – parliamo dell’istruzione secondaria – in istituti superiori e università. Con, in mezzo, il cuscinetto dell’Its, ovvero Istruzione Tecnica Superiore: una sorta di post-diploma di specializzazione su cui torneremo a breve.

Partiamo invece dalle scuole superiori: dove si dovrebbe iscrivere un ragazzo che vuol fare il meccatronico in agricoltura? Gli istituti tecnici, ovviamente, sono la prima scelta con i corsi di meccanica, meccatronica o elettronica, ma si può anche optare per un liceo scientifico o tecnologico, soprattutto se poi si vuol fare la specializzazione Its. Fuori dai giochi, purtroppo, Agraria, che con i nuovi piani di studio ha pochissime ore dedicate alla meccanica. «Oggi l’insegnamento della meccanica ad agraria si riduce a pochi capitoli nei testi di economia», ci spiega Bruno Costa, che prendendo spunto da questa oggettiva carenza ha creato, ormai otto anni fa, un corso superiore in Agromeccatronica a Portogruaro. «La riduzione dell’orario settimanale da 38 a 32 ore ha fortemente penalizzato la meccanica, oggi ridotta a qualche accenno», conferma Raffaele Fragassi, dirigente di un istituto di agraria foggiano.

Ci si deve insomma rivolgere agli istituti tecnico-industriali. Gli ex Itis, oggi Isis. «La nostra offerta formativa spazia dalla meccanica alla meccatronica, senza dimenticare l’energia, con particolare attenzione alle Rinnovabili. Per quanto riguarda la meccanica – continua Anna De Marco, dirigente all’Itis Marconi di Bari – abbiamo due indirizzi specifici: Progettazione e Meccanica applicata. I ragazzi lavorano al tornio, ma apprendono anche fondamenti di robotica ed elettrotecnica in genere. Formiamo figure specializzate, molto richieste dal mercato del lavoro, tanto che l’indice di occupazione è vicino al 100%. Purtroppo – continua la dirigente – fatichiamo a formare i ragazzi su temi di stretta attualità come l’Industria 4.0, perché i tempi della scuola e quelli del mondo produttivo sono diversi. Anche per questo cerchiamo di fare gruppo e tenerci aggiornati attraverso la Rete M2A (sta per Meccanica, Meccatronica, Automazione), che unisce istituti meccanici e meccatronici di tutta Italia».

Rete che prese il via dall’istituto Paleocapa di Bergamo, oggi guidato dal professor Imerio Chiappa. «Meccanica e meccatronica in agricoltura rappresentano un tema molto interessante, anche perché è stato piuttosto trascurato dal mondo scolastico. Si tende a pensare che i trattori siano ancora quelli di un tempo, mentre sappiamo che ormai hanno un elevato contenuto tecnologico. Il nostro istituto collabora con il gruppo Sdf, ma ritengo che dovremo affrontare l’argomento in modo più approfondito, con un corso specifico per i ragazzi o, perché no, anche facendo formazione agli insegnanti. I nostri studenti trovano lavoro appena si diplomano e hanno anzi l’imbarazzo della scelta, ma in determinate aree del paese, dove il tasso di industrializzazione è inferiore, la meccanica agricola può rappresentare uno sbocco importante».

I super-tecnici

Dall’ultima riforma della scuola esiste un livello intermedio tra il diploma e l’università, ovvero i corsi Its (Istruzione Tecnica Superiore). Si tratta di un percorso di formazione di due anni, che punta a migliorare le competenze ottenute tramite la scuola superiore, con particolare attenzione a ciò che sarà richiesto sul posto di lavoro. Sono finanziati da Mise, Ministero dell’Istruzione e Fondo Sociale Europeo, cosicché per i ragazzi sono praticamente gratuiti: spendono soltanto 200 euro per iscriversi al primo anno. La gestione è in mano a fondazioni composte da istituti superiori, università e aziende del territorio.

Due Its, in particolare, sono orientati alla meccanica agricola. Il primo prende ispirazione dall’Itis Malignani di Portogruaro (Ve), il secondo ha invece radici profonde in Emilia Romagna.

«All’inizio fu difficile ingranare. Per un ragazzo iscriversi a un corso post-diploma appena varato e così innovativo è un bel salto nel buio. Oggi siamo più conosciuti e copriamo senza troppe difficoltà tutti i 22 posti disponibili», ci spiega Bruno Costa, referente dell’Isis Malignani di Portogruaro  all’interno del Mits, ovvero l’Its in Agromeccatronica di Portogruaro, in cui si insegnano meccanica, elettronica, informatica ma anche agraria «Perché per fare il meccanico in agricoltura è indispensabile avere almeno una vaga idea di cosa fa un attrezzo in un campo e di come le condizioni del terreno possono influire sul suo funzionamento e condizionarne la durata».

Come ogni corso Its, anche quello veneziano prevede lunghi periodi di apprendimento sul campo: tre mesi nel primo anno e altri tre alla fine del secondo, prima dell’esame finale. «Una formula – fa notare Costa – che permette di capire bene come funziona il mondo del lavoro». La dimostrazione arriva dai fatti: la gran parte di chi si diploma ha già un impiego in tasca, spesso nell’azienda presso cui ha fatto lo stage. «I nostri partner sono soprattutto concessionari: imprese famigliari, dove si richiedono tempi di ritorno brevi e due anni per formare un apprendista sono un intervallo insormontabile».

Partnership con Argo Tractors

«I nostri diplomati, al contrario, dopo pochi mesi sono già pienamente operativi»: Federica Iotti, responsabile dell’Its Maker di Reggio Emilia, completa così il pensiero del collega veneto. La rete di istituti di cui fa parte va da Parma a Cesena e offre diverse specializzazioni, tra cui quelle di Meccatronica e Progettazione di materiali meccanici. «Le percentuali di successo occupazionale sono altissime, tra il 98 e il 100%. Questo perché le aziende conoscono già i ragazzi che hanno fatto stage presso di loro: percorsi studiati sul singolo studente, alla ricerca della massima soddisfazione delle parti».

A differenza del’Its di Portogruaro, Maker, vista anche la collocazione, è più legato alla produzione che all’assistenza. «Collaboriamo ovviamente con Argo Tractors, ma anche con componentisti di primo livello come Kohler e Ognibene Power. I nostri corsi hanno due anime: programmazione e meccanica. Non sono diretti esclusivamente all’agricoltura e infatti l’automotive esercita una forte attrattiva sui ragazzi. Tuttavia alcuni di essi sono sinceramente appassionati ai trattori, anche perché ormai il contenuto tecnologico di queste macchine è di primissimo livello». A iscriversi, continua la responsabile dell’Its reggiano, sono soprattutto diplomati degli Itis, ma anche di Agraria, dei licei scientifici e delle scuole professionali. «Alcuni ragazzi si rendono conto, durante la formazione professionale, di voler continuare con gli studi e i nostri corsi rappresentano un eccellente compromesso tra una formazione prettamente teorica, come quella universitaria, e l’ingresso immediato nel mondo del lavoro. Il 40% delle 1.300 ore di istruzione è costituito da stage in azienda, ma si imparano anche fondamenti di elettronica e programmazione». Tutte nozioni utili per un futuro meccatronico, anche libero professionista. Infatti, continua Federica Iotti, alcuni studenti fanno praticantato anche presso officine più o meno grandi, premessa per diventare, in futuro, meccanici indipendenti o tecnici di concessionaria. «Prepariamo circa 25 ragazzi l’anno, ma se fossero 40 troverebbero comunque lavoro in pochi mesi. Dopotutto, siamo nella Silicon Valley della meccanica».

Mai pensato di fare il meccanico? - Ultima modifica: 2021-01-19T11:45:28+01:00 da Roberta Ponci

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