Blockchain e macchine agricole

Grossa opportunità. Per anni è stata materia per minatori di criptovalute, ma oggi il principio delle reti di informazioni diffuse si sta facendo largo in ogni ambito. Le macchine di ultima generazione possono giocare un ruolo da protagoniste, soprattutto se si sfruttano i canali di finanziamento pubblico attivati dallo Stato

Da qualche tempo si sente parlare con sempre più insistenza di blockchain, da molti considerata una delle chiavi del futuro, in vari ambiti. Compreso quello agricolo e della tracciabilità dei prodotti. In effetti la blockchain rappresenta una grossa opportunità per tutti i produttori. Intendiamo per quelli che lavorano secondo criteri di qualità e sicurezza alimentare e sono desiderosi di comunicare i loro sforzi alla platea dei consumatori.

Gestire una blockchain, tuttavia, può rappresentare un surplus di lavoro e burocrazia (per quanto digitale) oppure può diventare un’azione quasi automatica: tutto dipende dai mezzi di cui si dispone. In queste pagine cercheremo di capire in primo luogo che cos’è la blockchain e perché può essere preziosa nel settore primario e secondariamente come ridurre al minimo l’impegno umano nella creazione di un sistema di tracciabilità basato su catene di blocchi.

Dai bitcoin a tutto quanto

La blockchain nacque più di dieci anni fa, ma per la maggior parte di noi è rimasta nell’ombra, essendo identificata, perlopiù, con i bitcoin. Soltanto con la fine del 2019 è avvenuto un importante salto di qualità, tanto che oggi non ci si può permettere di non sapere cosa sia una blockchain, visto che la medesima sta entrando gradualmente nelle nostre vite.

Si può pensare di essere di fronte a un’arida e impersonale applicazione dell’intelligenza artificiale: invece, a differenza di altre innovazioni tecnologiche, fa riferimento ad alcuni concetti molto umani, quali la fiducia e la responsabilità. La blockchain è, per riassumere, una “catena di blocchi”, vale a dire una serie di unità separate, chiuse e divise fra loro, nonché fra loro non influenzabili, in cui è suddivisa una filiera di qualsiasi tipo. Al contrario di Internet, che centralizza un determinato archivio in un solo luogo, la blockchain lo distribuisce e decentralizza, gestendo l’aggiornamento di dati grazie alla collaborazione della comunità coinvolta.

Esistono tecnologie, alla base di questo sistema, che rendono le informazioni introdotte inalterabili e legate a doppio filo con chi le ha prodotte. Questo fa sì che non sia necessaria una autorità centrale che vagli quanto introdotto in questo registro condiviso, poiché qualsivoglia informazione è catalogata in maniera univoca per data, ora e autore, introducendo una responsabilità del partecipante praticamente impossibile da aggirare.

Una catena automatizzata
La blockchain ha un senso soprattutto per la certificazione di filiera di prodotti tipici (foto 1). Il ruolo della tecnologia è fondamentale: le macchine agricole (foto 2) possono trasmettere in automatico le informazioni ai vari nodi e lo stesso possono fare i sistemi di raccolta dati presenti, per esempio, nelle stalle (foto 3)

Ampliando la nostra definizione, la blockchain è una catena di blocchi di informazioni, prodotte da chiunque partecipi a una certa filiera. Costui diventa padrone e garante di quanto inserisce.

La blockchain funziona perché, per i più ottimisti, concretizza una nuova forma di rapporto sociale, basato su fiducia e trasparenza. Secondo i più cinici, invece, garantisce a tutti la possibilità di verificare i dati e ottenere una totale trasparenza sugli atti e sulle decisioni.

Blockchain e agricoltura

Come si declina tutto quanto scritto sopra nel mondo agricolo? Poiché tutti i prodotti di qualità – e anche le commodities a dire il vero – sono frutto di filiera, è evidente che esistono solide basi per applicare il concetto di blockchain, con benefici enormi. Per esempio, nell’informare il consumatore finale, ma anche nella prevenzione di frodi e sofisticazioni. La blockchain può dimostrarsi risolutiva in questi casi proprio perché è quella che Alex Winter ha definito “la macchina della fiducia”.

Foto 2

Tra il 2016 ed il 2019 sono state introdotte applicazioni e soluzioni sia generaliste, applicabili a diversi ambiti (nel 24% dei casi), oppure dedicate a filiere specifiche come quella della carne (21%), dell’ortofrutta (17%) e del cerealicolo (10%). Sono oltre quaranta, al momento, le piattaforme studiate e prodotte soltanto dalle start up italiane. Grazie a esse, tutti gli attori della filiera rendono disponibili le informazioni relative al loro contributo nella relizzazione di un alimento. Informazioni non modificabili e timbrate per data, ora e autore. Per chiarire meglio il concetto, prendiamo il caso di un allevamento che produce latte per il confezionamento di uno specifico presidio caseario. Partiamo, per comodità, con il foraggio, che può essere analizzato in tempo reale dai sistemi Nir montati su trinciacaricatrici e anche presse, in grado di marchiare la balla con un microchip che ne indica provenienza, data di raccolta e caratteristiche qualitative. Chi vende e chi compra la balla lo fa in tutta trasparenza, con informazioni chiare e certe, non modificabili e condivise.

Nella stalla, e per tutta la vita produttiva dell’animale, diventa possibile tracciare con estrema precisione l’alimentazione, la qualità del latte e la salute della vacca. Si possono facilmente reperire tutte le informazioni necessarie per rientrare, o meno, all’interno di un certo disciplinare. Anche le svariate informazioni che l’allevatore raccoglie sulle sue vacche possono essere facilmente condivise. Pensiamo a patologie pregresse e in atto, inseminazioni, infiammazioni o mastiti. Se tutti questi dati fossero a disposizione di tutti, non solo avremmo trasparenza, ma la loro mole consentirebbe di valutare trend nazionali e cogliere sul nascere eventuali focolai. Il trionfo del big data, insomma.

Una volta realizzato, il nostro formaggio – corredato di chiare informazioni relative a processo di caseificazione, compravendita delle materie prime e del latte stesso, gestione e formazione del personale – arriverà in negozio, dove il consumatore, per esempio grazie a un codice Qr, potrà facilmente tracciarne la storia.

Il ruolo della meccanica

Questa è però una rivista di meccanica agricola, non di informatica né di zootecnia. E allora perché dedicare tanto spazio alla blockchain? Semplicemente perché le macchine di ultima generazione si stanno attrezzando per dare un importante contributo alla creazione di queste reti. Ci sono infatti due modi per realizzare le catene di informazioni: inserire manualmente i dati oppure farlo in automatico, grazie ad applicazioni che molte software house stanno mettendo a punto e che si basano su uno stesso principio: l’impiego di macchine “intelligenti”, in grado di registrare le operazioni compiute e di geo-referenziarle. Facendo una rapida panoramica, ricordiamo in primo luogo il trattore con collegamento satellitare e sistema gestionale, che può trasmettere automaticamente i dati raccolti al computer aziendale, ma anche a un servizio in cloud deciso dal proprietario. Incluso, quindi, il nodo di una blockchain. Lo stesso dicasi per gli attrezzi Isobus compatibili, ovvero in grado di caricare sul terminale del trattore i dati delle lavorazioni effettuate. In alternativa, alcuni attrezzi – per esempio determinati modelli di seminatrice – sono dotati di antenna satellitare e centralina propria. La trasmissione automatizzata dei dati si può facilmente estendere ai trattamenti, effettuati sia con botte trainata sia con semovente, e naturalmente alla raccolta, visto che mietitrebbie e trinciacaricatrici dispongono di geo-referenziazione, pesa elettronica e in qualche caso laboratorio Nir portatile. Presente, quest’ultimo, anche su alcuni modelli di big baler. Oltre che, lo ricordiamo, sui più evoluti sistemi di distribuzione dei reflui.

Foto 3

A completare il quadro abbiamo il drone che sorvola i campi rilevando la vigoria e segnalando il momento più propizio per la raccolta, anche grazie a quello che ha “imparato” dalla grande quantità di dati reperiti dalle altre macchine impiegate in azienda. Tutto questo può finire in un nodo specifico della blockchain: il nodo delle macchine, appunto, nel quale non c’è praticamente contributo umano.

Fondi a disposizione

Per come l’abbiamo descritta, la blockchain richiede senza dubbio un profondo adeguamento del parco macchine. Purtroppo, come sappiamo la maggior parte dei mezzi circolanti in Italia è ben lontana dalle caratteristiche necessarie per fare non si dice la blockchain, ma anche soltanto la mappatura dei terreni.

Fortunatamente, lo Stato sembra aver compreso l’importanza di Agricoltura 4.0, per cui chi volesse innovare può trovare sostegno pubblico. Il credito d’imposta del 40%, per esempio, è vincolato proprio all’acquisto di tecnologie in grado di fare Internet of Things e nella scorsa finanziaria è stato previsto un contributo a fondo perduto del 35%, oltre a mutui agevolati, per sviluppare processi produttivi innovativi, agricoltura di precisione o, per l’appunto, blockchain di filiera.

Inoltre, il decreto legge semplificazioni 2019 ha aperto la strada a nuove applicazioni per blockchain e smart contract, inserendo questi principi nel nostro ordinamento. Quel che manca ancora, invece, è una buona cultura digitale negli operatori del settore. Ed è una lacuna che dovrà essere presto colmata, per non perdere altro terreno nella gara con i paesi più avanzati.


 

I componenti della blockchain

Blocco: è rappresentato dal raggruppamento di un insieme di transazioni che sono unite per essere verificate, approvate e poi archiviate dai partecipanti alla blockchain

Nodo: sono i partecipanti alla blockchain e sono costituiti fisicamente dai server di ciascun componente della filiera. I nodi sono chiamati a vedere, controllare e approvare tutte le transazioni. Essendo parte di una rete diffusa, condivideranno l’archivio di tutta la blockchain e dunque di tutti i blocchi con tutte le transazioni. Ciascun blocco può essere modificato solo con l’approvazione dei nodi della rete

Transazione: è costituita dai dati che rappresentano i valori oggetto di “scambio” e che necessitano di essere verificati, approvati e poi archiviati.

Ledger: è il registro pubblico nel quale sono “annotate” con la massima trasparenza e in modo immutabile tutte le transazioni effettuate in modo ordinato e sequenziale. Il Ledger è costituito dall’insieme dei blocchi che sono tra loro incatenati tramite una funzione di crittografia e grazie all’uso di hash.

Hash: è una operazione (non invertibile) che permette di mappare una stringa di testo e/o numerica di lunghezza variabile in una stringa unica e univoca di lunghezza determinata. L’Hash identifica in modo univoco e sicuro ciascun blocco.

Blockchain e macchine agricole - Ultima modifica: 2020-04-20T12:20:25+02:00 da Roberta Ponci

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