Ama, più costruttore che venditore

Estero dominante. Soltanto un quarto del fatturato di Ama proviene dalla ricambistica venduta in Italia (e in larga parte fabbricata nei sedici stabilimenti del gruppo). Per il presidente Malavolti, il mercato resterà stabile e non sarà condizionato dalla concorrenza asiatica

In un panorama in cui i ricambisti sono in primo luogo dei rivenditori, vale a dire aziende che acquistano i prodotti e li distribuiscono a officine e concessionarie, la realtà di Ama, primo gruppo per fatturato in questo settore, si differenzia nettamente. Potremmo infatti definirlo un componentista che gestisce anche un’attività di vendita ricambi, in quanto meno di metà del fatturato – parliamo di circa 200 milioni di euro – proviene da questi ultimi e se ci concentriamo sul solo mercato italiano, il peso della ricambistica sui bilanci totali scende fino a 40 milioni di euro, quasi totalmente dovuti al settore agricolo.

Alessandro Malavolti

Ciò nondimeno, Ama è il primo ricambista del Paese, come abbiamo scritto, e anche se qualche lettore potrebbe non conoscerlo, di certo ha in casa un trattore in cui un qualche componente proviene dai suoi magazzini o stabilimenti. Che sono sedici in tutto, cine accennato, di cui 12 in Italia. Cerchiamo allora di capire qualcosa in più su questa realtà, facendocela descrivere da chi la conosce come meglio non si potrebbe: Alessandro Malavolti, che di Ama è amministratore e titolare.

Tra moderno e tradizionale

La strategia commerciale di Ama si divide tra tecniche tradizionali e la più stretta modernità. Se da un lato progetta stazioni meteo collegate con il pc aziendale per conoscere il fabbisogno idrico delle piante, dall’altra sfrutta infatti la classica rete di rappresentanti commerciali per distribuire i suoi prodotti a un parco clienti fatto di 6.500 officine, concessionarie e rivenditori sparsi per l’Italia. Accetta ordini via fax e telefono, ma l’80% delle transazioni avviene sul sito internet ed è processato in poche ore, con consegna il giorno dopo. «Questo – precisa Malavolti – almeno per gli ordini che arrivano entro le 15.30 e non provengono da Calabria e isole, dove riusciamo ad arrivare soltanto in due giorni, per questioni logistiche e di trasporti».

Ama è il primo ricambista d’Italia per fatturato e per rispettare gli stretti tempi di consegna del mercato moderno si avvale di magazzini automatizzati

Per raggiungere questi risultati, nei magazzini di Ama lavorano 100 addetti, che nel pomeriggio seguono quasi esclusivamente il mercato italiano, mentre al mattino si occupano di quello europeo (la Spa è presente in quasi tutto il continente, a eccezione di Regno Unito e Francia). A fianco del personale sono attivi quattro robot trans-elevatori e due armadi rotativi, che liberano gli addetti da una parte importante di attività.

Velocità e prezzo

L’arrivo di Internet e di conseguenza lo sviluppo degli ordinativi diretti ha sicuramente velocizzato il processo di consegna, ma la competizione sui tempi potrebbe essere un’arma a doppio taglio, in quanto mette le aziende in gara su un aspetto – la velocità, per l’appunto – che esula dalla qualità dei materiali offerti. Esiste dunque il rischio che una società brava a consegnare ricambi di scarsa qualità risulti vincente su chi invece ha prodotti affidabili? «I tempi sono fondamentali – precisa Malavolti – visto che il 60% almeno degli ordini è classificato come urgente. Tuttavia non sono il primo motivo di fidelizzazione degli acquirenti. Noto abitudini di acquisto abbastanza consolidate, con clienti che si rivolgono alla concorrenza soltanto se non trovano l’articolo richiesto presso di noi».

Ama è il primo ricambista d’Italia per fatturato e per rispettare gli stretti tempi di consegna del mercato moderno si avvale di magazzini automatizzati

Piuttosto, aggiunge il presidente di Ama, un fattore importante di scelta è il prezzo: «In Italia conta ancora moltissimo, forse più che in altri paesi europei. Parlo soprattutto dei ricambi compatibili, che sono la larghissima maggioranza del nostro business».

Ama, a differenza di molti concorrenti, non tratta infatti ricambi originali, se non in ridottissima misura. «Siamo nati come produttori e quindi rivenditori di ricambi compatibili, in gran parte fabbricati da noi. Questo è il nostro settore di attività e non credo che chi tratta ricambi compatibili debba mettersi a fornire anche quelli originali. Sono due cose diverse».

Il gruppo vende principalmente ricambi (un esempio è visibile in questa foto)

Ciò nonostante, voi siete concorrenti dei costruttori, per i ricambi. «In parte sì, ma limitatamente alle macchine oltre i cinque anni di vita. Quando un trattore è nuovo, il proprietario tende ad usare ricambi originali, anche per questioni di garanzia. Passati quattro o cinque anni, guarda con maggior attenzione al prezzo e di conseguenza anche al mercato dei ricambi compatibili, che sono comunque di eccellente qualità». Soprattutto se, come avviene per Ama, i fornitori sono in gran parte italiani. «Come ho detto, il 75% circa degli articoli venduti in after-market è realizzato da noi. Il resto, vedi i filtri e qualche altro pezzo, lo acquistiamo da aziende italiane o comunque europee. Per fare un esempio, per il settore dei trattamenti abbiamo partner come Arag».

B2b e clienti finali

I clienti di Ama sono invece, come già accennato, i professionisti della riparazione. Non gli agricoltori, ai quali il gruppo reggiano non vende direttamente. Lo fa tuttavia indirettamente, tramite una cinquantina di negozi omogeneamente distribuiti lungo lo Stivale. Sono in parte di proprietà e in parte in franchising, raggruppati sotto il marchio Agristore. «In essi, naturalmente, si fa commercio al dettaglio, ma formalmente non è Ama a vendere agli agricoltori, in quanto cede i suoi prodotti al negozio, che poi li rivende al cliente finale», precisa Malavolti.

Il gruppo vende principalmente ricambi prodotti nei suoi stabilimenti (in questa foto: macchinari alla Pertex di Crevalcore).

L’abolizione dei confini determinata dallo sviluppo del web potrebbe però portare nuovi concorrenti, anche dall’Estremo Oriente, laddove i costi di produzione particolarmente bassi permettono di praticare prezzi concorrenziali. Un rischio che il titolare di Ama non vede, almeno per l’immediato. «Il mercato agricolo è particolare: ogni continente – e oserei dire ogni Paese – ha i suoi attrezzi, per cui non credo che un componentista cinese o comunque asiatico si metta a fabbricare ricambi per una fresa italiana o europea».

Cosa ci aspetta nel 2020

Essendo a inizio anno non possiamo che chiudere con un po’ di previsioni. Cosa ci aspetta nel 2020 e più in generale nei prossimi anni? «Quello dei ricambi è un mercato abbastanza statico: di anno in anno, le vendite restano quelle, anche perché il numero di trattori in circolazione non cambia di molto. Se mai, conta di più l’andamento climatico: primavere piovose, come quella del 2019, riducono l’uso delle macchine; di conseguenza si riducono sia le usure sia la necessità di ricambi. Lo scorso anno ci fu una leggera flessione delle vendite, per questo motivo. Se l’anno in corso avrà stagioni normali, dovremmo fare qualche punto percentuale in più».

Ama, più costruttore che venditore - Ultima modifica: 2020-01-23T09:35:13+01:00 da Roberta Ponci

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