Acre è una competizione nell'ambito del progetto Metris per favorire la digitalizzazione. Test con diserbo, mappatura, riconoscimento della vegetazione grazie all'intelligenza artificiale

A colpo d’occhio, il campo dietro alla cascina Baciocca – siamo a Cornaredo, hinterland milanese – sembra un raduno di nerd. Anzi, la parodia cinematografica di un raduno di nerd. Eppure, tra questi improbabili robottini che si muovono su ruote da bicicletta o cingoli triangolari, c’è il futuro dell’agricoltura. O almeno un pezzo di esso, sebbene non sia facile riconoscere in questi mucchi di ferro e fili elettrici un qualcosa che possa davvero coltivare il terreno.

Una gara-non gara

Come ci spiega anche Davide Facchinetti, docente di Meccanica Agraria all’università di Milano, nonché collega giornalista tecnico, «Per ora qui si vede soprattutto ricerca, ma entro cinque anni qualcuna di queste soluzioni sarà in commercio ed entro dieci, venti al massimo, non soltanto saranno in commercio, ma saranno anche molto diffusi». A Cornaredo, teatro della Field Campaign 2023 di Acre, si prepara l’agricoltura di domani: un mondo in cui l’uomo sarà sempre meno al centro della scena, se non altro come esecutore di attività manuali, e in cui le macchine autonome saranno quotidianità che non stupisce più nessuno.

Per ora, certamente, la dozzina di robot giunti qui da ogni parte del mondo (c’è persino una delegazione canadese) se non stupisce, almeno sorprende per alcune soluzioni: al momento soltanto abbozzate, ma di cui si vede già un’applicazione in prospettiva.

Cominciamo però a inquadrare il contesto. Acre (Agri-food Competition for Robot Evaluation, ovvero gara per la valutazione di robot agro-alimentari) è per l’appunto una gara tra robot agricoli, che devono dimostrare la loro abilità in alcuni compiti prefissati, come muoversi tra file di piante coltivate senza danneggiarle o individuare, ed eventualmente trattare, infestanti e segnali di fitopatologie. Compiti in apparenza semplici, se trascuriamo il fatto che a eseguirli, con tutte le variabili che si presentano in pieno campo o in serra, sono macchine completamente autonome. In grado, una volta portate in un campo, di disegnare una perfetta mappa del terreno e muoversi su di essa grazie al controllo satellitare – rigorosamente Rtk – o a strumenti innovativi come la visione stereoscopica, gli infrarossi o il Lidar (Laser Imaging Detection and Ranging), una sorta di radar (termine improprio) basato su impulsi laser emessi e successivamente raccolti da un’antenna, così da creare la cosiddetta nuvola di punti, ovvero una mappa dei possibili ostacoli e di tutti i rilievi presenti attorno al Lidar stesso e al mezzo che lo trasporta.

Il team della British Columbia University durante le prove

«Acre è una gara, con tanto di giudici e regole precise per i team in competizione, ma non è soltanto questo», precisa Davide Facchinetti a margine della manifestazione, giunta alla seconda edizione (la prima si tenne nel 2022 in Francia). «L’obiettivo non è vincere, ma testare i propri progetti, quasi tutti alla fase di prototipo, in una situazione reale di campo. Altrettanto importante, a mio avviso, è la possibilità di confrontarsi con altri ricercatori del settore, scambiarsi informazioni e consigli, collaborare. Sperimentazione pura, insomma, a un livello abbastanza alto».

Test sul diserbo

Una competizione tra robot che cercano di risolvere in modo naturale il problema del diserbo: così Matteo Matteucci, docente del Politecnico di Milano e coordinatore della giornata, vede la manifestazione svoltasi alle porte di Milano. «Per fare un diserbo autonomo efficace e preciso – aggiunge – occorre l’ausilio dell’intelligenza artificiale, la sola in grado di distinguere le piante coltivate dalle infestanti». Non a caso, la parte competitiva dell’appuntamento è stata basata proprio sulla distruzione delle infestanti, con sistemi chimici o meccanici. Un compito non impegnativo dal punto di vista energetico ma molto sofisticato sul piano pratico, in quanto un errore rischia di danneggiare irreparabilmente le piante coltivate. I robot si sono cimentati su fagioli, mais e per la prima volta bietola, una pianta su cui soltanto i robot di Arvatec – presente con tre macchine, due delle quali in gara – hanno tentato una prova di trattamento.

Primo: raccogliere dati

Come si fa a far capire a una macchina di strappare (o irrorare) soltanto le piante indesiderate? Il problema principale è insegnarle a distinguere le infestanti delle piante coltivate e l’unico modo è farle ingoiare centinaia, anzi migliaia di foto di infestanti e soprattutto di piante domestiche. In ogni situazione di luce, con il sole radente che genera ombre e con quello a picco che appiattisce ogni cosa. E poi, in ogni condizione di sviluppo della pianta, dall’emersione alla maturazione dei frutti.

Rover con braccio porta-sensori allestito dall'università di Milano

È per questo motivo che una larga quota – forse la maggior parte – dei prototipi presenti a Cornaredo aveva come scopo principale l’acquisizione di immagini, sia per creare database sempre più ampi, sia per validare i sistemi di analisi e catalogazione in uso. Tra essi, il progetto Mind Foods Hub del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’università di Milano, che a Cornaredo ha portato un robot porta-sensori. «Questa macchina – spiega Ezio Naldi, indicandoci un rover cingolato – non è stata prodotta da noi ma acquistata sul mercato. Nostri sono invece i sensori che su di essa installiamo». In particolare, il team guidato dal professor Roberto Oberti sfrutta un finanziamento di Unione Europea e regione Lombardia per la selezione delle infestanti e il controllo e cura delle piante in ambiente protetto. «Utilizziamo una camera tridimensionale e una multidimensionale, grazie alle quali è possibile selezionare i diversi tipi di pianta e riconoscere anche alcune patologie, come la ruggine». La camera tridimensionale, continua Naldi, serve a monitorare lo stadio di sviluppo delle piante, in quanto a diverso stadio corrisponde un diverso aspetto e colore del fusto, delle foglie e dei frutti. «Il rover è stato acquistato per lavorare in serra. In particolare, nella serra che abbiamo qui alla cascina Baciocca, che è di proprietà dell’università. È sufficiente un giro attorno al perimetro della serra, seguito da un giro i direzione opposta affinché il sensore Lidar disegni una mappa precisa dell’area e delle piante presenti». Successivamente, il rover passa sopra alle piante, le fotografa e invia le immagini a un server che farà l’elaborazione dei dati. «Il dispositivo è anche dotato di un braccio mobile in grado di effettuare micro-irrigazioni delle infestanti o rimozione meccanica, a uno stadio in cui esse sono ancora difficili da scorgere a occhio nudo», ha concluso Naldi.

Dal prototipo al mercato

La raccolta dati è anche lo scopo del prototipo realizzato da Air Lab (laboratorio di robotica e intelligenza artificiale del Politecnico di Milano) e presentato a cascina Baciocca da un gruppo in cui figurava anche Nico Catalano, a cui abbiamo chiesto alcune spiegazioni sul suo funzionamento. «Si tratta di una piattaforma modulare per rilevazioni ed esperimenti, su cui montare vari tipi di sensori. In questo caso – aggiunge – è equipaggiata con una camera RgbD per l’acquisizione di immagini con cui istruire l’Intelligenza Artificiale. Si tratta di una camera speciale, con visione stereoscopica parzialmente integrata dagli infrarossi. Grazie a essa è possibile non soltanto capire la direzione del movimento del mezzo, ma anche raccogliere immagini utilizzabili, in presenza di luce forte o al buio». Grazie a queste caratteristiche il mezzo, dotato di ruote controsterzanti, può lavorare anche in situazioni difficili, per esempio all’interno di un tunnel.

Abbandoniamo però i team universitari per concentrarci sulle aziende private. Le quali, ovviamente, hanno come obiettivo quello di fare utili, oltre che ricerca. È il caso della Agrovai, una startup campano-lombarda nata nel novembre 2021 e che in questo anno e mezzo è riuscita a mettere assieme Agrov, un roboto su ruote pensato per la lotta alle infestanti in serra. «Ci siamo concentrati sulle serre per due motivi: qui ci sono le colture a maggior valore aggiunto e, in secondo luogo, da giugno in poi si raggiungono temperature vicine ai 50 gradi, che rendono difficile la presenza umana». Chi parla è Paolo Ferrentino, uno dei fondatori. Agrov è composto da un rover mosso da quattro motori elettrici e dotato di sospensioni, sistema di telecamere per la visione artificiale e di un braccio meccanico che strappa le malerbe e le deposita a lato della parcella coltivata. «Lavoriamo sul diserbo meccanico, ma in linea teorica Agrov potrebbe montare anche un sistema di diserbo chimico», precisa Ferrentino. Sebbene ancora allo stato di prototipo, Agrov dovrebbe essere pronto per la produzione in serie dal 2024. Lo vedremo quindi, con un po’ di fortuna, a Eima.

Già al lavoro

Ci sono sistemi automatici che già sono in grado di lavorare, naturalmente, e altri che lavorano. È il caso del Farmdroid, prodotto quattro anni fa da una startup danese e oggi in vendita in diversi paesi, tra qui il nostro. Si tratta di un automa alimentato da pannello solare e in grado di seminare e diserbare meccanicamente in campo aperto, su 6 o 8 file. A Cornaredo l’azienda di Rescaldina, specializzata in sistemi satellitari e agricoltura di precisione, ha portato anche Moonodino, robot semi-acquatico per la monda del riso, come denuncia chiaramente il nome.

Pronto per il lavoro anche Slope Helper, un porta-attrezzi a guida automatica sloveno, commercializzato in italia sempre da Arvatec, pensato per lavorare in vigneto e frutteto, particolarmente in pendenza.

E sempre per il lavoro in pendenza, ma principalmente sugli argini, sono nate le due rasaerba presentate dal vicentino Barbieri Group. X Rot, nelle varianti con motore endotermico ed elettrico (X Rot Epower) è un robot cingolato in grado di apprendere molto rapidamente un percorso e ripeterlo all’infinito, con grande accuratezza. Grazie a questa caratteristica, può lavorare in vigneto e frutteto, tagliando erba e controllando la salute delle piante senza rischio di danneggiarle. «Grazie a un micro-getto può anche fare trattamenti spot sulle foglie malate», aggiunge Giampaolo Barbieri. X Rot è inoltre adatto per il lavoro su argini e in ambienti difficili, dove l’uomo sarebbe a rischio.

Pensare oltre l’uomo

I robot, in effetti, nascono per sostituire l’uomo. E allora, per riassumere la giornata e lasciare qualche spunto di riflessione ai lettori non troviamo parole migliori di quelle regalateci da Giulio Fontana, ingegnere, ricercatore di Air Lab. «Per realizzare un cambiamento profondo, in qualsiasi campo, occorre cambiare il modo di pensare. Oggi siamo abituati a pensare al lavoro agricolo mettendo l’operatore al centro. Si usano trattori da centinaia di cavalli, che trascinano attrezzi enormi, perché consentono a un solo operatore può fare molto lavoro nell’arco della giornata. Ma in un’agricoltura fatta di robot, macchine che lavorano senza ausilio umano, giorno e notte, non devono per forza essere poche e grandi. Possono anche essere molte e piccole. Restando nel campo fino alla fine della stagione, per poi tornare da sole in azienda».

Il cambio di prospettiva è in effetti totale. Anche perché la dimensione delle macchine, assieme all’assorbimento energetico di certe lavorazioni, è il principale ostacolo all’elettrificazione del settore. Mini-robot che fanno semina, trattamenti o diserbo meccanico possono funzionare per ore con batterie di piccolo o medio formato o anche con un pannello fotovoltaico. «L’uomo ha imparato a volare quando ha smesso di cercare di imitare gli uccelli e ha cercato una soluzione diversa, originale. Per l’agricoltura dobbiamo fare la stessa cosa: smettere di pensare con una mentalità che pone l’uomo al centro e cercare un nuovo standard».

Acre, la gara tra robot che mette l’uomo ai margini - Ultima modifica: 2023-06-01T14:34:24+02:00 da Ottavio Repetti

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