Motori Euro V, come funziona una Scr

Emissioni e dintorni. Ecco perché il catalizzatore all’urea è in grado di trasformare i pericolosi ossidi di azoto in innocui vapori d’acqua e azoto atmosferico (più un po’ di anidride carbonica)

Con il prossimo gennaio entrerà pienamente in vigore il nuovo step della normativa sulle emissioni (Regolamento Europeo 2016/1628), meglio noto come Stage V o Tier 5 (denominazione Usa). Sebbene il grosso delle macchine si sia già adeguato con il 2019, infatti, nel corrente anno sono esentati dai nuovi limiti le macchine tra 56 e 130 kW (indicativamente, da 75 a 175 cv), oltre ai motori della cosiddetta fase di transizione; vale a dire quei propulsori costruiti prima del 2019 e rimasti nei magazzini dei costruttori.

Norme per tutti
Con l’entrata in vigore dello Stage V anche i motori sotto i 37 kW (foto sopra) e quelli sopra i 560 kW (foto sotto) sono sottoposti alle norme anti-inquinamento.

Con gennaio, stanti le campagne di vendita in corso, la larghissima parte delle macchine immatricolate sarà in linea con i nuovi standard. Che, se non modificano in modo drastico quelli precedenti, impongono comunque più severi limiti sul particolato – non coinvolto nel passaggio Stage IIIb/Stage IV – e in parte sugli idrocarburi.

Per rispettare le norme anti-inquinamento, ormai tutti i costruttori ricorrono al catalizzatore Scr, sistemato di solito sotto allo scarico, con ingombri più o meno importanti.

In questo caso, i produttori si sono mossi in anticipo, proprio perché le differenze tra Stage IV e V sono abbastanza contenute. Ci si è così evoluti verso i nuovi tetti con una certa facilità, anche se per alcune categorie – vedi i motori fino a 56 kW e quelli sopra i 560 – erano ancora in vigore regole blande (da Stage IIIB a nessun vincolo per i maxi-trattori). In ogni caso, la transizione in corso segna un ulteriore incremento nella già alta percentuale di motori che utilizzano il post-trattamento Scr, che diventa un po’ il perno per l’abbattimento degli ossidi di azoto. Vista la sua importanza nei sistemi di potenza moderni, vogliamo in questa sede analizzare più nel dettaglio i dispositivi per la riduzione catalitica selettiva (Scr), per capire una volta per tutte come funziona questo sistema. Prima di farlo, tuttavia, diamo un’occhiata a quali sono i principali inquinanti prodotti dal motore Diesel e per che motivo si generano durante la combustione del gasolio.

Dagli ossidi al particolato

Entra smog esce acqua
Grazie al catalizzatore Scr gli ossidi di azoto si trasformano in anidride carbonica, azoto e acqua.

I motori diesel, lavorando in eccesso di ossigeno, presentano emissioni minori di CO (monossido di carbonio) e idrocarburi incombusti rispetto ai benzina, ma producono più ossidi di azoto (NOx), particolato (PM) e ossidi di zolfo (SOx).

SOx - Lo Zolfo è contenuto nel diesel poiché deriva dal petrolio, che a sua volta si forma per la decomposizione di organismi viventi, per i quali lo Zolfo è essenziale. Si può contenere efficacemente l’anidride solforosa controllando la qualità del carburante e limitando il tenore di zolfo (a oggi 0,05%, per legge) e di conseguenza le possibili reazioni con l’ossigeno. Se si tiene bassa la concentrazione di anidride solforosa nei gas di scarico, si limita la principale causa delle piogge acide: l’anidride solforica, che successive reazioni con l’ossigeno atmosferico produrrebbero.

Particolato - Si intende per particolato tutto l’insieme di materiale solido disperso nell’aria - in gergo aerosol - di dimensioni inferiori a 500 nanometri. Il particolato può avere mille origini. Nel nostro caso è detto particolato carbonioso e può essere accompagnato da varie impurezze derivanti dalla combustione. Per limitarlo, come noto si utilizzano filtri fisici, catalizzati o meno (Dpf: Diesel particulate filters), che lo assorbono. In alternativa si ricorre a sistemi che obbligano il gas di scarico a circolare una seconda volta nel motore in percentuali variabili (Egr o Exhaust gas recirculation). I filtri più recenti sono in grado controllare le particelle più piccole, che sono anche le più dannose.

NOx - Per gli ossidi di azoto la faccenda si fa più complessa. La loro origine principale non è il combustibile, ma la stessa aria che respiriamo. Infatti, se è vero che si formano anche a basse temperature a causa della reazione di alcuni composti azotati presenti nel gasolio come le piridine, la gran parte di essi si produce a causa delle alte temperature che il motore raggiunge. A certi valori – si superano anche i 1.200°C – l’ossigeno atmosferico presente nel motore reagisce a formare radicali liberi abbastanza aggressivi da attaccare una molecola altrimenti inerte come quella dell’azoto N2. Si formano pertanto dapprima il monossido e – per successive reazioni con l’ossigeno (anche al di fuori del motore) – il biossido di azoto.

Monossido e soprattutto biossido di azoto sono specie fortemente ossidanti. Irritanti per le mucose e per l’apparato respiratorio, in presenza di acqua e ossigeno si trasformano abbastanza facilmente in acido nitrico, contribuendo alle piogge acide. Essendo specie ossidanti, sono dannose per le strutture metalliche e inibiscono, seppur parzialmente, la fotosintesi.

Il catalizzatore Scr

Particolati e ossidi di azoto sono molto diversi e diverso è il modo in cui gli stessi possono essere trattati. Il sistema principe per la riduzione degli ossidi di azoto emessi in atmosfera è la Riduzione catalitica selettiva o Scr. Sebbene sia abbastanza recente in agricoltura, questa tecnologia risale agli anni Settanta. La loro portata innovativa sta tutta nella “catalisi” ossia nella capacità di promuovere una reazione chimica sfavorita: o perché lenta o perché – ed è il nostro caso – necessita di temperature troppo alte per avvenire naturalmente. Il catalizzatore, in pratica, invece di lasciare le varie specie chimiche libere di vagare nello spazio, le lega debolmente a sé e, come una sorta di Cupido chimico, ne favorisce l’incontro.

Per il contenimento degli inquinanti rivestono grande importanza anche dispositivi ad alta tecnologia come la valvola Waste-gate (foto sopra) e la gestione elettronica del motore (foto sotto).

Il catalizzatore generalmente è un supporto ceramico solido, ad alveare o comunque organizzato in maniera da offrire la più ampia superficie possibile, a cui vengono aggiunti ossidi di vanadio e tungsteno. Questi ultimi legano le varie specie che vogliamo avere vicine e le tengono ferme per il tempo necessario alla reazione. Così facendo, essa avviene a temperature non proibitive (attorno ai 200 C).

La reazione in sé è molto semplice. Si tratta di una ossidoriduzione interna o dismutazione, in cui la stessa specie chimica, a diversi stati di ossidazione, si comporta sia da riducente (cede elettroni) sia da ossidante (acquista elettroni).

L’azoto in questo senso ci rende la vita molto facile. Come noto, è il principale componente dell’atmosfera (ne rappresenta circa l’80%). Inerte e stabilissimo, è usato, in forma N2, anche per gonfiare gli pneumatici, insensibile come è agli sbalzi di temperatura e pressione. Questa però non è la sua unica natura: è presente un po’ ovunque e ha comportamenti chimici (stati di ossidazione) molto diversi a seconda dei casi. Può essere un riducente formidabile come nell’ammoniaca o formare ossidi (protossido, monossido, diossido, anidride nitrica) fra loro molto diversi, ma sicuramente ossidanti. Come catione ammonio è fondamentale negli amminoacidi. Agli stati di ossidazione più alti è uno degli acidi più aggressivi in natura (acido nitrico).

Questa sua poliedricità ci consente di ribaltare quanto è avvenuto nel motore, senza aggiungere specie chimiche terze, che poi dovrebbero in qualche modo essere smaltite. È sufficiente introdurre azoto ammoniacale (il riducente: la famosa soluzione all’urea) nel flusso e fare in modo che ammonio, ossigeno e azoto ad alto numero di ossidazione si incontrino nei pressi del catalizzatore. In questo modo, grazie alla dismutazione, si ottengono acqua, anidride carbonica e azoto.

Perché, tuttavia, usare urea e non direttamente l’ammoniaca, visto che durante la reazione servono per l’appunto molecole di azoto ammoniacale? Per rendere il processo più sicuro, chi ha progettato il dispositivo Scr ha preso ispirazione dalla natura: l’urea è una forma stabile e abbastanza sicura dell’azoto ammoniacale attraverso cui noi e gli altri mammiferi – e tanti altri animali – eliminiamo l’azoto in eccesso prodotto dal metabolismo degli amminoacidi. Ecco quindi che da una sostanza naturale, attraverso un processo chimico non complesso (avendo le giuste tecnologie) si è trovata la soluzione per eliminare uno dei più pericolosi inquinanti prodotti dai motori Diesel.

Motori Euro V, come funziona una Scr - Ultima modifica: 2019-11-06T08:08:20+01:00 da Roberta Ponci

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