Una vena di salutare ottimismo

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La meccanizzazione agricola, pur in difficoltà, sul fronte dei costruttori è ancora la seconda del Vecchio Continente, i produttori agricoli continuano a innovare e a investire con una verve tutto sommato inaspettata

Winston Churchill, in uno dei suoi più noti aforismi, sosteneva che «l’ottimista vede opportunità in ogni pericolo, il pessimista vede pericolo in ogni opportunità».

In un contesto in cui le minacce sembrano prevalere nettamente sui segnali positivi, in cui lo scoramento medio sembra essere pervasivo e con un settore agricolo che esce da un anno, il 2016, davvero complesso, con cali di redditività importanti in molti settori di rilievo, vale la pena provare, novelli infermieri economici, a cercare la vena dell’ottimismo.

Non si tratta di un esercizio di stile, ma di un tentativo di valutare, con una buona dose di pragmatismo, il peso del bistrattato Stivale.

Che rimane, a oggi, uno dei setti Paesi più industrializzati al mondo, nella top ten (o al massimo top fifteen) delle forze economiche mondiali, con la maggiore longevità del pianeta e con una qualità della vita, checché se ne dica, non così da denigrare.

Sul fronte agricolo e agroalimentare il quadro non cambia.

Le eccellenze italiane continuano a essere ambite in ogni dove, la meccanizzazione agricola, pur in difficoltà, sul fronte dei costruttori è ancora la seconda del Vecchio Continente, i produttori agricoli continuano a innovare e a investire con una verve tutto sommato inaspettata.

Non si può leggere altrimenti il boom delle domande di autorizzazione per i nuovi impianti di vigneto (richieste per 165mila ettari, disponibilità di 6.500 ettari...) e la progressiva espansione delle nuove tecnologie della precision farming.

Costose in partenza, vantaggiose nel medio-lungo periodo.

Certo, il Bengodi è un’altra cosa e i problemi rimangono innumerevoli.

Dalla programmazione mancante alla pianificazione latente.

Dalla burocrazia imperante alla marginalità scemante.

Poche certezze, tanti interrogativi.

Ma, facendo un po’ di populismo al contrario, si sa che è molto più facile sparare contro che curare il ferito. E in un contesto che mostra i primi segnali di ritorno alla crescita (il Pil dovrebbe salire nel 2017 di un magro, ma significativo punticino), sarebbe probabilmente meglio smetterla di inveire a prescindere e provare a costruire (o a ri-costruire).

Spesso gli interlocutori non sono all’altezza?

La voglia di mettere ostacoli sopravanza quella che spinge per eliminarli?

Plausibile. Ma a giocare contro si è sempre in tempo.

A mettere mattoncini nel muro della positività, forse no.

E se, come diceva Tonino Guerra, «l’ottimismo è il profumo della vita», una volta tanto sarebbe auspicabile lasciare che l’essenza si propaghi.

Una vena di salutare ottimismo - Ultima modifica: 2017-06-07T16:15:20+02:00 da Roberta Ponci

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