Oli usati, l’agricoltura può fare di più

Su tutta la gamma la motorizzazione è targata Deutz.
Una filiera virtuosa quella della raccolta degli oli usati in Italia, ma con qualche tallone d'Achille. Uno di questi è l'agricoltura, dove la cultura del rispetto dell'ambiente non ha ancora messo radici profonde. E poi c'è la burocrazia che non incentiva il corretto smaltimento dei lubrificanti usati. I consigli e l'appello del Coou agli imprenditori agricoli.

L’agricoltura, assieme alla nautica e all’autotrazione, è l’anello debole nella catena del corretto smaltimento degli oli esausti. A dirlo è il Coou (Consorzio obbligatorio degli oli usati) nell’ambito di “CircOLIamo”, la campagna educativa itinerante che punta a sensibilizzare l’opinione pubblica e le amministrazioni locali sulla gestione virtuosa dei lubrificanti a fine vita. Scarsa cultura ambientale o poca consapevolezza della pericolosità di queste sostanze, ma anche ostacoli burocratici e difficoltà a dialogare con le istituzioni, sono le cause principali del fenomeno.
«Ci sono ancora troppi imprenditori agricoli, soprattutto al sud, che si sbarazzano degli oli dei propri trattori in maniera scorretta, oppure li riutilizzano per lubrificare le motoseghe – spiega il direttore tecnico operativo del Coou Franco Barbetti – ma c’è da dire che la burocrazia è spesso un ostacolo alla diffusione delle buone pratiche».
È bene sottolineare che a livello generale la filiera degli oli usati in Italia non funziona male, anzi, siamo ai primi posti in Europa: nel 2015 il consorzio ha ritirato e avviato a recupero ben 167mila tonnellate di prodotto, una quantità considerata pari al 95% del potenziale raccoglibile. Nei suoi 32 anni di attività, il Coou ha rastrellato 5,3 milioni di tonnellate di olio, di cui 4,34 milioni avviate a riciclo, stimando in 3 miliardi di euro il risparmio sulle importazioni di petrolio dell’Italia.
L’olio usato può essere estremamente dannoso per l’ambiente e per la salute umana: basti pensare che 4 kg d’olio - il cambio di un’auto - se versati in acqua inquinano una superficie grande quanto un campo di calcio.

www.macchinemotoriagricoli.itCoou: una rete capillare
Per la raccolta capillare sul territorio il consorzio si avvale di 73 aziende che con autobotti ritirano i lubrificanti e li stoccano nei depositi. Chi deve consegnare gli oli esausti può anche portarli direttamente nei centri di stoccaggio, ma l’operazione può essere complicata. Ad esempio, un’azienda agricola con fatturato superiore a ottomila euro l’anno, deve compilare ben due documenti per trasportare il rifiuto nei punti di raccolta: il formulario di identificazione previsto per il trasporto dei rifiuti in genere e l’allegato F al D.M. n. 392/1996, per il trasporto di oli minerali usati.
Il Coou offre un servizio di raccolta porta a porta, ma l’elevata frammentazione delle aziende italiane non aiuta il sistema. Tra le soluzioni auspicate dall’ente ambientale c’è quella di stringere accordi di filiera con le associazioni di categoria dei vari comparti, tra cui quelle degli agricoltori, ma anche questo sembra essere un percorso pieno di ostacoli, sempre a causa della spiccata frammentazione.
Un'altra difficoltà per il consorzio obbligatorio è il dialogo con le istituzioni locali, soprattutto le Province, titolari della materia ambientale, da quando il loro status è stato modificato, rendendole una sorta di ibrido.
«La piccola parte che sfugge ancora alla raccolta – continua Barbetti – si concentra soprattutto nel fai da te: per intercettarla abbiamo bisogno del supporto delle amministrazioni locali per una sempre maggiore diffusione di centri di raccolta adibiti anche al conferimento degli oli lubrificanti usati, perché il nostro obiettivo è arrivare a una raccolta del 100%».
Analizzando le medie italiane, l’Emilia-Romagna è una delle regioni più virtuose anche nel settore dell’agricoltura e della nautica che sono i più problematici, al centro-sud, invece, la situazione è critica.

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Franco Barbetti

Risparmio e sostenibilità
Attivo dal 1984, il Coou ha contribuito con il proprio lavoro a ridurre in misura significativa non solo l’inquinamento ambientale, ma anche i consumi di acqua, materia e suolo. L’effetto positivo sul consumo di acqua (water footprint) ha portato a un risparmio netto cumulato di 2,3 miliardi di m3 di oro blu; trent’anni di recupero degli oli usati hanno consentito inoltre di evitare il consumo di 6,4 milioni di tonnellate di materia prima vergine (material footprint), mentre dall’analisi di carbon footprint del sistema emerge un risparmio netto cumulato di emissioni climalteranti di 1,1 milioni di tonnellate di CO2 equivalente; grazie al riciclo degli oli come basi lubrificanti rigenerate sostitutive di basi lubrificanti vergini, è stato risparmiato il consumo di 7.306 ettari di suolo (land footprint).
Telefonando al numero verde del Consorzio, 800863048 o collegandosi al sito www.coou.it, è possibile avere informazioni su come smaltire correttamente il proprio olio usato e il recapito del raccoglitore più vicino.

Oli usati, l’agricoltura può fare di più - Ultima modifica: 2016-12-05T12:45:24+01:00 da Simone Martarello

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