Liberalizzazione in vista

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Un capitolo della Mother Regulation cambia radicalmente lo scenario dell’assistenza. I costruttori devono diventare trasparenti, aprendo a tutti i loro corsi di aggiornamento. Si crea lo spazio per una rete di officine indipendenti, che mette a rischio il delicato equilibrio tra concessionari e casa madre

Il rapporto tra costruttori e concessionari – termine che continuiamo a preferire al più modaiolo dealer – ricorda, per tanti versi, certi matrimoni, in cui marito e moglie non possono fare a meno di stare assieme, pur tra mille crisi. Così convivono tra scaramucce, qualche litigata seria e momenti di relativa serenità, con l’infedeltà come opzione sempre possibile.
Chi conosce il mondo della meccanica agricola sa bene di cosa stiamo parlando. I costruttori vorrebbero concessionarie in vetro-cemento, scintillanti come saloni della Jaguar, con hostess di bella presenza al banco dell’accoglienza e meccanici ex Ferrari in officina. Per parte loro, i rivenditori immaginano il fabbricante di trattori come una struttura a supporto del loro business. E dunque sempre pronto a fornire macchine in prova e credito senza scadenza. D’altra parte, proprio come i coniugi sopracitati, concessionari e costruttori sono legati dalla necessità di collaborare; un patto di sangue che nessuna delle parti può infrangere senza conseguenze. Non i rivenditori, che si ritroverebbero senza marchio, e nemmeno le case trattoristiche, perché i bravi venditori non crescono sugli alberi e quei pochi sono contesi quanto una bella donna.

Quasi un monopolio
Il legame tra fabbricanti e concessionari è particolare, in agricoltura, perché in questo ambito le cose funzionano diversamente da quello, per esempio, automobilistico. Nel quale un abitante di Brescia può andare a comprare la macchina a Milano piuttosto che a Verona, se ci tiene. L’agricoltore, al contrario, è guidato, caldamente consigliato, praticamente obbligato a rivolgersi al concessionario territorialmente competente. Fatti salvi casi di incompatibilità caratteriale – ma anch’essi sono vagliati con rigore – o clienti talmente importanti da poter trattare direttamente con la casa madre o col concessionario che preferiscono, la competenza territoriale è fortemente rispettata. E fatta rispettare.
Certo, è indiscutibile che, se un agricoltore è deciso, trova il modo di comperare da un concessionario di fuori provincia. Ma, per esempio, quell’agricoltore incontrerà successivamente problemi molto seri se avesse bisogno dell’assistenza, perché non è affatto detto che trovi aiuto presso il rivenditore di zona. D’altra parte, il numero ridottissimo di officine autorizzate rende praticamente impossibile rivolgersi al libero mercato per una riparazione importante e soprattutto in garanzia.

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Il legame tra fabbricanti e concessionari è particolare, in agricoltura, perché in questo ambito le cose funzionano diversamente da quello, per esempio, automobilistico. L’agricoltore è guidato, caldamente consigliato, praticamente obbligato a rivolgersi al concessionario territorialmente competente. D’altra parte, la concessionaria deve forzatamente fornire anche il servizio di assistenza. Che se da una parte è un ottimo strumento di business, dall’altra obbliga a cospicui investimenti in strutture, attrezzature e personale. Costi che non tutti i dealers sono disposti a sostenere a cuor leggero. Non, per esempio, quelli che non hanno una tradizione in tal senso

L’assistenza è pertanto l’arma in più in mano alle concessionarie. Sia nel rapporto con i clienti – per i motivi che abbiamo appena ricordato – sia in quello con i costruttori. È infatti fuori di dubbio che la fedeltà al marchio si costruisce sull’assistenza, prima ancora che sulle prestazioni e sul prezzo. E l’assistenza in Italia la fanno le concessionarie, cui si aggiunge uno sparuto gruppo di officine autorizzate, retaggio di un passato in cui il fabbro o il meccanico del paese assieme all’automobile, aggiustava anche il trattore. Poiché di complesso, nel trattore, non c’era nulla o quasi. Con i computer su ruote che abbiamo oggi, per questi artigiani del martello e della chiave inglese non c’è più spazio.

Verso la rivoluzione
O forse sì? In realtà, quello che per decenni è stato un sostanziale monopolio potrebbe presto terminare. A romperlo, l’Unione Europea. Che, come sappiamo, con i monopoli non è mai tenera. La svolta è in realtà datata, risalendo alla prima stesura del regolamento 167/2013, noto a tutti come Mother Regulation. Annegato tra criteri di omologazione, specifiche per ganci di traino e masse consentite, c’è un capitolo, il Capo XV, che in una paginetta e mezza e tre articoli (dal 53 al 55) stravolge gli equilibri della relazione tra costruttori e rivenditori, portandovi una ventata di liberalizzazione.
In buona sostanza, il regolamento cancella qualsiasi rapporto privilegiato tra il concessionario (o il riparatore autorizzato) e la casa madre, imponendo a quest’ultima di mettere a disposizione di qualsiasi officina ne faccia richiesta i manuali d’uso, gli schemi elettrici, la diagnostica Obd e persino l’archivio storico delle riparazioni subite da un trattore. Non soltanto: nell’articolo 53, come precisiamo meglio in un altro articolo, si impone ai costruttori di aprire agli estranei anche i corsi di aggiornamento finora riservati ai meccanici delle concessionarie. Ciò significa, in parole povere, che chiunque può imparare a riparare qualsiasi trattore – pagando il dovuto s’intende – e che si apre alla libera concorrenza tra concessionari sui servizi di assistenza. La Mother Regulation specifica infatti nero su bianco, a scanso di equivoci, che l’officina di una concessionaria è equivalente a un’officina indipendente nel momento in cui ripara il trattore di un altro marchio. In altre parole, un concessionario Fendt può partecipare ai corsi di aggiornamento di John Deere o Same, se lo desidera e se paga la quota richiesta. Che tuttavia – ed è sempre l’Ue a precisarlo – deve essere “ragionevole e proporzionata” alla misura in cui l’operatore utilizza le informazioni richieste. Escluso, quindi, lo stratagemma di far pagare cifre da capogiro per tenere alla larga la concorrenza. “L’importo non è considerato ragionevole né proporzionato se scoraggia l’accesso”, rimarca il testo.

Conseguenze non stimabili
Al momento attuale è difficile prevedere quanto il regolamento Ue possa influenzare il settore. Potrebbe lasciare le cose sostanzialmente come stanno o potrebbe, al contrario, stravolgere gli attuali equilibri tra costruttori, concessionari e rete di assistenza. L’esperienza delle liberalizzazioni insegna che gli effetti delle medesime possono variare enormemente: si prendano i casi dell’energia elettrica e della telefonia, per citare due estremi.
La nascita di una rete di officine indipendenti, che riparano trattori di tutti i marchi senza vincoli con alcuno, avrebbe effetti dirompenti. Spezzerebbe il delicato equilibrio tra costruttori e concessionari, in cui i primi sono in un certo senso vincolati alla rete delle concessionarie per l’assistenza. Se nascesse una rete parallela di riparazioni e manutenzioni, ci sarebbe un’alternativa sul mercato. Chi potrebbe impedire, per esempio, a un colosso della meccanica agricola di vendere direttamente le macchine? Finora nessuno – con qualche eccezione: Claas (e Goldoni, in passato) – ha percorso questa strada, anche per evitare di guastare i rapporti con la rete vendita. Se tuttavia nascessero officine slegate dai rivenditori, il quadro sarebbe totalmente diverso.

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L'assistenza è l'arma in mano ai dealer.

Anche i concessionari potrebbero beneficiare della liberalizzazione. Per esempio, potenziando la propria officina e iniziando a riparare anche trattori della concorrenza. Quasi tutti già lo fanno, per la verità, ma per le macchine più datate, meno dotate di elettronica. Accedendo alla diagnostica e ai corsi di aggiornamento del costruttore, potrebbero però intervenire anche sui mezzi più recenti. Sul fronte opposto, qualche concessionaria potrebbe servirsi di questa nuova rete per aumentare ulteriormente i volumi di vendita senza essere costretta a investire nel costoso servizio di assistenza. Venderebbe più trattori e si appoggerebbe a una o più officine autonome per il service. Lo stesso vale per quei concessionari – e sappiamo che la tendenza esiste – che ampliano il loro territorio, colonizzando altre province. Oggi devono aprire centri di assistenza delocalizzati, domani potrebbero semplicemente convenzionarsi con le officine autonome.
Infine, un’evoluzione di questo tipo potrebbe favorire l’arrivo di nuovi marchi sul mercato. Di qualche costruttore indiano o cinese, per esempio: uno degli ostacoli principali, per essi, è la difficoltà di creare una rete di vendita e assistenza. Se quest’ultima fosse già presente sul territorio, potrebbero tuttavia sfruttarla, vendendo direttamente le macchine a prezzi altamente concorrenziale.
Da quanto abbiamo visto, i costruttori stessi sono poco propensi a trattare l’argomento, sia perché non vogliono cedere il controllo sui sistemi elettronici dei loro trattori, sia perché, forse, non hanno ancora studiato un’adeguata politica in merito. Sotto un’apparente calma, tuttavia, molto si sta muovendo. Per questo motivo, da questo numero in avanti Macchine e Motori Agricoli dedicherà uno spazio importante ai rivenditori, alle officine, ai ricambi e a tutto l’indotto che gira attorno a quel trattore che, inconsapevole, traina l’aratro su e giù per il campo.

Liberalizzazione in vista - Ultima modifica: 2018-11-05T20:20:16+01:00 da Lucia Berti

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